Dr. Antonio Licata

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«Mio padre Giuseppe mi ha trasmesso con i gesti, piuttosto che con la parola, la meraviglia di essere medico. Non mi ha mai incitato a seguire le sue orme, la scelta è stata libera e totalmente mia. Ho capito che le parole non espresse spesso sono ricompensate con le azioni, col senno di poi, ho riconosciuto in mio padre un uomo altero e maestro di vita». Antonio Licata proviene da una famiglia particolare: dodici generazioni di medici che hanno fatto del giuramento di Ippocrate una sorta di lignaggio.

Classe 1968, di Vicenza, diventa medico come suo padre e il nonno, Vincenzo Licata, specialista in chirurgia considerato vanto della scienza sicula. Una professione tramandata nel Dna. Diligenza, rispetto della vita e della dignità del malato sono alcuni valori che Antonio respira fin da piccolo; complice anche la mamma Antonia, farmacista. Tra le sue passioni giovanili c’è però anche l’architettura: da adolescente pensa sarà la sua strada, rischiando così di interrompere la tradizione familiare. Un attimo di “sbandamento” rientrato la notte dopo gli esami di maturità, quando si pose la classica domanda della vita: che cosa farò da grande? Il medico – è la risposta che Antonio si dà. Si laurea all’università di Padova nel 1994 e si accosta al padre Giuseppe per muovere i primi passi nella professione.

Un padre, ricorda Antonio, «molto umano con i suoi pazienti, sempre disponibile ad ogni chiamata». Se Giuseppe Licata copriva le vesti dello psicologo, dell’amico, del confidente oltre che del dottore, Antonio deve fare i conti con pazienti sempre più preparati, con le idee chiare e molto circospetti. Il legame affettivo che un tempo caratterizzava il rapporto medico-paziente oggi è andato scemando: l’evoluzione moderna della professione ha messo in crisi il tradizionale “potere” sul paziente tipica del passato. «Oggi», spiega Licata, «il medico informa, si avvale della collaborazione di altri medici specialistici e il paziente rivendica la sua autodeterminazione per le decisioni prese per se stesso».

Lui si è specializzato in medicina estetica e scienze dell’alimentazione. La sua “filosofia” prevede un protocollo non convenzionale: «la donna in particolare è più consapevole di un tempo, rispetta la sua naturale bellezza abbracciando interventi poco invasivi, più intelligenti. La medicina estetica cerca anche di comprendere quali siano le dinamiche dell’invecchiamento cutaneo. I danni che la pelle e il corpo subiscono con il tempo non sempre sono congeniti, in molti casi sono la conseguenza di uno stile di vita errato, di abitudini quotidiane sbagliate. Voler migliorare il proprio stato ha una doppia valenza fisica e psichica. Sempre più spesso con la medicina estetica assistiamo ad un benessere che oltrepassa quello visivo, decisivo certo, ma mirato ad un miglioramento psichico della persona. Prendersi cura del proprio corpo significa imparare ad avere rispetto per se stessi, se correlato ad una sana alimentazione e ad una costante attività fisica si mantiene nel tempo la migliore forma fisica possibile». In sostanza, dice Licata, la paziente non si deve vedere stravolgere la fisionomia del viso: il risultato di un intervento estetico deve essere il più naturale possibile per potersi sentire soddisfatta e stare bene. E per star bene, in armonia col mondo, Licata ci saluta con un brano di Bach che esegue al pianoforte a coda: «un’altra passione ereditata da mio padre Giuseppe che suonava la fisarmonica, la chitarra e il pianoforte».