I genitori in attesa di un bambino vivono con ansia la paura che il loro piccolo possa avere delle anomalie. Le cose che non sai te le dice la diagnosi prenatale. Partiamo con il sapere cos’è.
Per diagnosi prenatale si intende un insieme di indagini, sia strumentali che di laboratorio, che hanno lo scopo di monitorare alcuni aspetti dello stato di salute del feto durante la gravidanza, dalle prime fasi dello sviluppo embrionale fino ai momenti che precedono il parto.
I test si dividono in non invasivi e invasivi.
Ecco i consigli della ginecologa Anna Persia di Beautymed_Vicenza

Le cose che non sai te le dice la diagnosi prenatale
Dottoressa che probabilità ci sono oggi di avere un bambino con problemi o anomalie?
Oggigiorno l’età media della prima gravidanza di una donna in età fertile è notevolmente aumentata. Il rischio di avere un figlio affetto da anomalie cromosomiche risulta quindi maggiore.
La più frequente anomalia che conosciamo è la sindrome di Down, che aumenta con l’avanzare dell’età materna ( 1:800 nella popolazione generale, 1:300 intorno ai 35 anni ed 1:100 a 40 anni, a 45 anni 1:30).
Ma non è l’unica anomalia riscontrata da noi ginecologi, benché la più diagnosticata.
Per queste ragioni oggi la coppia mostra sempre più l’esigenza di sapere con maggiore sicurezza se il nascituro sarà sano. Altre coppie, una minoranza, preferiscono accettare il rischio.

Quali sono le indagini prenatali disponibili?
Le indagini prenatali per noi ginecologi, ai quali viene richiesta una sempre maggiore rassicurazione da parte della coppia, rappresentano un ausilio diagnostico importante, allo scopo di venire a conoscenza in tempi accettabili di patologie fetali.
Vi sono test non invasivi e procedure invasive. Tra i primi abbiamo il bitest ed il test del DNA fetale materno.
Il bitest, premetto trattasi di un test probabilistico, statistico della stima del rischio e non diagnostico, consiste nell’esecuzione di una ecografia tra la 12a e 14a settimana di gestazione.
Viene misurata la cosiddetta translucenza nucale, ovvero la plica nucale del feto, il cui spessore non dovrà superare certi limiti rispetto ai normali valori di riferimento. Infatti se il valore dovesse risultare superiore al range di riferimento, aumentano le probabilità di rischio di anomalie e/o cardiopatie. Se poi il rischio risultasse elevato verrà proposta alla gestante la possibilità di eseguire un test invasivo di cui parleremo più avanti.
Per aumentare l’efficacia del test va verificata ecograficamente anche la presenza dell’osso nasale o individuato un eventuale rigurgito della tricuspide e/o altri segni.
All’esame strumentale va aggiunto un prelievo venoso per dosare le free beta hCG e PAPP-A. Il bitest è in grado di individuare il 90 % circa dei feti affetti da sindrome di Down e non solo.
Ricordo poi il test del DNA fetale materno, eseguito attraverso un prelievo venoso, è da effettuare dalla 11a settimana. E’ il periodo in cui è più probabile che la quantità di DNA fetale, confluita nel sangue materno, sia sufficiente per essere isolato ed analizzato. Tra l’altro la sua attendibilità non è influenzata dall’età materna e per la sindrome di Down si aggira intorno al 99,9%.
Se il test indicasse un rischio di cromosomopatia, anche in tal caso, si dovrebbe confermare la diagnosi con un test invasivo.
I test invasivi permettono di diagnosticare con sicurezza le cromosomopatie mediante l’analisi del cariotipo fetale. Abbiamo a disposizione la villocentesi, che viene effettuata solitamente tra la 12a e 14a settimana di gravidanza, sotto guida ecografica e vengono prelevati i villi coriali, cioè il tessuto embrionale della placenta.
L’amniocentesi, invece, viene praticata dalla 16a alla 18a settimana, sempre sotto guida ecografica. Comporta il prelievo di liquido amniotico.
Sia dai villi che dal liquido amniotico viene effettuato lo studio della mappa cromosomica fetale. Tali esami vengono definiti “invasivi “ per le possibilità di rischi legati alle procedure stesse: rischio infettivo o abortivo, principale fonte di preoccupazione ed ansia nella gestante che sceglie di sottoporsi a tali metodiche diagnostiche.
Tuttavia il rischio di tali procedure non supera l’1% e pertanto sono comunque da considerare sicure. In ogni caso il ginecologo saprà dare i giusti consigli alla pz che si affida alle sue cure.

Quali sono i principali obiettivi della diagnosi?
i principali obiettivi della diagnosi sono la precoce scoperta di eventuali anomalie per le quali la coppia potrà decidere coscientemente, in base ai propri valori etici ed in base alla gravità delle anomalie riscontrate, se proseguire con la gestazione o interromperla.
Premetto che spesso si tende a chiedere al medico cosa sia meglio fare. Ma il medico, la cui umanità e preparazione professionale non devono mancare, dovrà certamente esporre con chiarezza i rischi cui la coppia può andare incontro e consigliare al meglio tutte le soluzioni. Ma la decisione definitiva spetta sempre e comunque alla coppia stessa.

Lei segue la donna dalla pubertà alla menopausa, quanto sono importanti i controlli annuali e soprattutto ogni quanto vanno eseguiti?
I controlli ginecologici nella donna fertile e/o in menopausa dovrebbero essere a cadenza annuale, salvo complicazioni. La prima visita andrebbe effettuata a partire dal momento in cui la donna inizia ad avere i primi rapporti sessuali. In caso di necessità sarà il ginecologo stesso a consigliare controlli più ravvicinati, in presenza di patologie che vanno monitorate.